3) Ah! Era ora. Non succedeva da anni. Mentre tutto sembrava essere andato più a fondo della deriva più derivata e derivante c'è il lampo. Non ci credevo più, il serpente continuava a mordersi la coda che ormai non era più coda ma quasi testa!La testa accanto alla coda come la croce che affianca la testa sulle antiche monete. Ci riprovo, ritorna il richiamo, la voce è silenziosa eppure fa un casino bestiale come di mille posate che s'infrangono contro il parquet.
* Dove diavolo vai? La devi smettere di correre e pecorrere in tondo come Paperon De Paperoni (senza la sua pecunia)quel metro quadrato stondato dai tuoi piedi dolenti! Esci da questo tunnel disgraziato e rientra in quella meravigliosa terra che ti aspetta sempre e non ti tradisce mai!E' lei che ogni volta ti chiama e ti salva e ti ricorda il motivo per il quale sei nata.*
Gli occhi sono spalancati, come quand'ero bambina anche oggi il cielo mi meraviglia e m'incanta. Non voglio le vostre catene e i vostri paradisi, paradisi che chiamate denaro, lo stesso che v'incatena i denti...mentre io la vita la voglio mordere sempre sempre!!
TO BE CONTINUED
2) Ma, mi sembra strano, ogni volta che lo guardo...e sta sempre lì, non si muove, niente da fare, solo pochi, pochissimi minutini per volta. La verità è che proprio non scorre, e più dico "ecco. ora mi giro ed è passata un'ora" col cavolo! ancora inchiodata. Poi fuori c'è ancora luce, io esco che è buio pesto. Sacrilegio maledetto sprecare le mie ore di luce a braccetto con la luce artificiale...e le mie ore di meravigliosa notte che mi fa danzare mille idee in testa...in un tutt'uno con divano+copertina+miciomao+libro...finchè sonno non sopraggiunga no!!!!!! Incubo. Sarà l'inverno? Mmhh, ma non sarà l'inferno piuttosto e anzichenò per dirla con il fascinoso Dott. G. Wells amico di Dylan Dog. A proposito è ora, esco a comprare l'albo di questo mese...ma in che mese siamo? E in che anno?
TO BE CONTINUED
1)
Scazzata, raggomitolata nelle mie paranoie-pre:lunedi-si-ricomincia-ma-che-palle mi racconto una possibilità e alla fine mi dico: perchè no!! Il coraggio di azzardare, bene, l'arte l'ho imparata ora preferirei metterla da parte, spiaccicarla contro una parete dalla superficie irregolare quest'arte del lavoro d'ufficio...eh si, eccome se è un'arte!! L'arte del culo quadrato sulla sedia che sopporta le mille posture del disagio e dell'irrequietezza, l'arte del quanto-cacchio-manca alla pausa pranzo che non fa gola di per sè...ma in quanto annuncio del termine di almeno metà tortura/giornata lavorativa.
Ahi! Il collo...sento gli sguardi spillati degli occhi accusatori dei "vergogna! tu! che un lavoro almeno ce l'hai! Ecco, al centro del palco, accanto alla gogna, e giustizia sia! Voglio vedere la mia testa rotolare e voglio vedere il boia! Voglio chiedergli "scusi, ma lei è soddisfatto della sua occupazione?". Oppure al rogo, perchè no, a qust'età poi...fare una scelta del genere...che vergogna...
E rogo sia! INTERMISSION: FINITA LA PAUSA SCRITTURA.
TO BE CONTINUED...
martedì 31 gennaio 2012
venerdì 20 gennaio 2012
CONVERSAZIONI PRIVATE

L.: "Ma prima che tutto ciò accada diro'...vedimi"
S.: "...e mi immobilizzerò.... guardando dove tu sarai, e il resto scorrerà veloce, noi lenti, col rumore della pellicola"
L.: "volevo dirtelo da tempo
torniamo indietro
all'alba dei nostri sensi
ascoltiamo con gli orecchi ogni cadenzato respiro
lasciamo che le nostre rughe digitali si increspino
come midolla d'albero
guardiamo le meraviglie del cielo
e portiamole sulla terra
e tu che hai forza nella penna
taglia quel bianco agghiacciante del foglio
con le tue parole libere
spacca quei quadretti
quelle righe
voglio rivedere i tuoi ghirigori"
S.: " Affanno"
L.:"che vale più di un motore di un auto.
Non dimenticare il nostro albero, ti servirà a ricostruire il tuo risveglio"
S.: "Promesso"
L.: "lasciati cadere, ritroverai RADICI e quando, ancora una volta, risalirai le foglie....sarò giù ad aspettarti"
TO BE CONTINUED
giovedì 19 gennaio 2012
KOLYMA

Isola unica e terribile è la Kolyma, nell'Arcipelago Gulag staliniano: questo nome non ricorda solo il fiume che per più di duemila chilometri scorre nell'estremo Nord‑est siberiano, tra il Mare d'Ochotsk e quello della Siberia orientale: indica l'ultimo cerchio dell'inferno concentrazionario. Qui le grandi «fiumane» del Terrore staliniano portano milioni di deportati; sono loro a costruire città, villaggi, strade, porti, a disboscare la taiga; la manodopera schiavistica che crea dal nulla la più grande regione aurifero‑mineraria dell'intera URSS, tra gli anni Trenta e Quaranta, è falcidiata da norme di lavoro centinaia di volte superiori a quelle che un secolo fa Dostoevskij aveva osservato nella katorga zarista; dal gelo intollerabile (si lavora fino a quando il termometro non supera i 50 gradi sotto zero); dalle angherie di guardie e capò, dalla denutrizione, dalle fucilazioni in massa nelle tenebre polari al lume di torce di benzina e al suono di bande musicali di detenuti. Là alla fine degli anni Trenta gli uomini «morivano come le mosche». «Crematorio bianco», «Auschwitz di ghiaccio», la Kolyma è un mondo a parte; dice una canzone di lager: «Kolyma, Kolyma, lontano pianeta, dodici mesi inverno, il resto estate ». Per la storia, la Kolyma è la regione dell'oro (sono 70 le miniere e più di un milione gli schiavi nel 1941) e dell'orrore. Eppure, il suo nome non ha la terribile forza evocativa di altri luoghi emblematici del xx secolo: Auschwitz, Dachau, Hiroshima. «Il passato che non vuole passare» della Germania lascia nell'ombra il simbolo dei comunismo: il Gulag.
Nella Kolyma, secondo le cifre di Robert Conquest, specialista occidentale dell'età del Terrore, dagli anni Trenta ai primi Cinquanta muoiono circa tre milioni di deportati.
MAMMA ARANCIA

L’odore di arance spremute nella cucina di mia madre nei lunghi pomeriggi trascorsi a studiare, sognare qualunque cosa purchè non fosse ancora mia. Il cuore spremuto come quelle arance, il suo, per me, per i figli, per suo marito, per l’essere una donna cui non si può rimproverare nulla. Coricarsi col pensiero del giorno dopo, mia madre, l’arancia succosa nella cucina di casa mia, tonda e sorridente, perfetta nella sua geometria.
Mi avvicino silenziosa al tuo letto cercando di non svegliarti, ora sembri tu la bambina, rannicchiata nella stanchezza di una lunga giornata. Sobbalzi e mi confondi con mio fratello, forse ho tagliato i capelli troppo corti… ridiamo io e te, complici come gli acini di uno stesso grappolo, figlie degli stessi ulivi secolari, serve devote di questo sud odiato e amato. Mi dicevi di andar via, di cercare la mia strada in una città lontana dal paese, vedevi nei miei occhi troppa irrequietezza ma dopo tutti questi anni capisco quanto possa essere buffa la vita. Lontano da te, lontano dalla nostra terra, cerco di ricreare ogni cosa, per paura che a non vedervi, il ricordo possa affievolirsi.
Resto ad ammirarti ora, mentre colori le tue guance, il rossetto preferito sulle labbra sottili e le smorfie per stenderlo bene, il profumo sui polsi e d’improvviso il tuo sguardo m’interroga.
“Come sto? Sono invecchiata, vero?”
Pietre nella mia bocca, sale che scende in gola, mi fa male il cuore e l’unica cosa che riesco a fare è abbracciarti forte fino a farti spazientire, baci e baci sulle guance morbide e profumate: oggi, difronte a questo specchio io e te, non c’è religione che tenga perché sei più bella di una madonna e mi si squarcia l’anima al solo pensiero che tu possa essere triste nel veder trascorrere gli anni sul tuo viso. L’imbarazzo mi trattiene e non dico nulla, penso soltanto a quanto sarei fortunata se un giorno potessi conservare qualcosa di te mentre il mondo perde ogni forma e s’ingarbuglia goffamente alla ricerca di una impossibile felicità.
Mi preparo una spremuta così mi sembrerai meno lontana.
UNA NOTTE

Strampalata sbrindellata sbriciolata.
Voce roca. Le 5 del mattino. Olà gente il tumulto sembra finito. Il solo concerto è il ronzio nelle orecchie colmo di urla, decibel, rum e sigarette. Le luci della notte sono ancora accese ma il sole è quasi pronto a schiaffeggiare il buio e a rubargli l’anima. La pula passa e guarda, io resto e fisso the other side come quando non volevo m’interrogassero al liceo – not my name not my name! –
L’asfalto sembra molle, i piedi sulla testa, la testa la butto nel cassonetto che’ per alcune ore non mi servirà a molto. La verità a quest’ora? La verità ha un suo tempo?
Mani mozzate appese in cielo con fili attaccati alle stelle: la nebbia è il ricordo di ciò che furono e tutto si dissolve tra briciole, avanzi, sproloqui e battutacce da quattro soldi – whatever – qualunque cosa sia dite pure che è colpa mia, queste colpe mature di bocche gonfie e occhi chiusi che si arrendono alla magia. O forse solo tanta, tanta amara, graffiante FOLLIA.
Da te voglio sapere solo...quanto ti dai per i tuoi sogni

"Non mi interessa cosa fai per vivere, Voglio sapere per cosa sospiri, e se rischi tutto per trovare i sogni del tuo cuore.
Non mi interessa quanti anni hai, Voglio sapere se ancora vuoi rischiare di sembrare stupido per amore...
Non voglio sapere che pianeti minacciano la tua luna, Voglio sapere se hai toccato il centro del tuo dolore, se sei rimasto aperto dopo i tradimenti della vita.
Voglio sapere se puoi sederti con il dolore, il mio e il tuo senza scappare e cercare finto sollievo da maschere di cera; se puoi ballare pazzamente e lasciare l'estasi riempirti fino alla punta delle dita senza prevenirci di cautela, di essere realisti, o di ricordarci le limitazioni degli esseri umani....
Non voglio sapere se la storia che mi stai raccontando sia vera, Voglio sapere se sei capace di deludere un altro per essere autentico a te stesso, se puoi subire l'accusa di un tradimento e non tradire la tua anima.
Voglio sapere se sei fedele non solo in amore ma nella vita e a te stesso.. quindi affidabile..
Voglio sapere se sai vedere la bellezza anche quando non è bella tutti i giorni , se sei capace di far sorgere la tua vita con la tua sola presenza.
Voglio sapere se puoi vivere con il fracasso, tuo o mio, e continuare a gridare all'argento di una luna piena: si!
Non mi interessa chi sei, o come hai fatto per arrivare qui, Voglio sapere se sapresti restare in mezzo al fuoco con me, e non retrocedere…
Non voglio sapere cosa hai studiato, o con chi o dove, Voglio sapere cosa ti sostiene dentro quando tutto il resto non l' ha fatto.
Voglio sapere se sai stare da solo con te stesso e non cercare appigli incauti per paura della solitudine, Voglio sapere se sai stare da solo con te stesso e se veramente ti piace la compagnia che hai nei momenti vuoti..
(1890 - variazione-Poesia Indiana Oriah)
CORRISPONDENZE

Quanto tempo è passato? Pochi giorni, pochi mesi in realtà. Penso già alle rondini, sarà diverso senza di te affacciato dentro il nostro vento caldo, curioso dei germogli, avido di bei pomeriggi immerso nel silenzio della controra interrotta dai bambni in strada, dal caffè che scaldo in cucina insieme a qualcosa da mangiare. La tua voce, imponente come un tuono, quante volte l'ho temuta, odiata, amata, quanto è silenzioso ora il mio tempo, ogni ora, ogni stagione, ogni domenica mattina.
Cosa potrei mai desiderare, se non te... manchi...manchi...
MIO PADRE

Non ho posato mai tanto a lungo il mio sguardo dentro il tuo
non ho indugiato nell'osservarti e nel rivedermi figlia delle tue mani
non ho respirato mai abbastanza forte il tuo odore di uomo e terra
non ho accarezzato spesso il tuo viso fino a ricordarne oggi ogni segno.
Quanto orgoglio nel pensarmi tua figlia
quante ore non posso più avere da regalarti
quanto fa male non potermi più perdere nei tuoi sorrisi forti e sicuri
mi manchi e mi riempi ogni giorno di questo vuoto indicibile.
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