martedì 27 novembre 2012
Ricordami il giorno
Ricordami il giorno
quando la notte mi tiene fra le sue braccia
Ricordami il sole
quando le stelle mi pungono il cuore
Ricordami l'aurora
quando la luna diventa despota dei miei pensieri
Ricordami il colore delle cose
quando il buio mi riempie di chiaroscuri
lunedì 8 ottobre 2012
Tu hai una parola?
La parola che mi chiedi
resta immersa nei miei occhi
Si nasconde
dietro le inferriate dell’iride
Scompare
celata dal buio delle pupille
lunedì 1 ottobre 2012
Michela Tobiolo e il fuoco della trasformazione
“Nella Cosmogonia Nordica l’esistenza inizia da uno stato iniziale di vuoto, il Ginnungagap, e attraverso una costante interazione fra Fuoco e Ghiaccio, elementi opposti e complementari, nasce il cosmo e la vita [...] ”. Dopo aver partecipato al percorso “Arterie”, viaggio itinerante lungo le strade centrali di Pescara, cerco di dare un nome al sapore, al retrogusto che questa esperienza mi ha lasciato. Varie figure emblematiche, sensazioni, ricordi e colori galleggiano nella mia testa. Cappuccetto rosso dei giorni nostri col suo rosso adagiato sulle spalle si addentra, si espone coraggiosa, incosciente e temeraria alle “intemperie” umane. Sinuose linee delineano parole, accenni di pensieri accompagnano alcune delle opere di Michela “Ti dono il mio sogno”, “Piccoli sogni di cartone”, dipinti, sagome, amuleti, le mani dell’artista non hanno limiti e materializzano, in forme sempre diverse, il sentire di un animo delicato e femminile. Mentre osservavo le sue creazioni, avevo la sensazione di dovermi muovere piano e in silenzio, come stessi attraversando un universo onirico ovattato e, al tempo stesso, fragoroso nel comunicare passione, amore, voglia di vita, desiderio di rompere un guscio che per troppo tempo ha racchiuso uno scrigno colmo di idee e voglia di raccontare. Colori definiti, ciglia lunghe ed ammalianti, sguardi morbidi e labbra come frutti maturi sono il fil rouge delle creazioni. Qui, in questa terra, non c’è spazio per chi ha ceduto alla corruzione dell’apparenza fine a se stessa, sono chiuse le porte a chi deride la speranza, la positività e la certezza che per ogni sconfitta c’è un dono che attende chi ha il coraggio e la pazienza di guardare oltre, di proseguire fiducioso. Se fossi bambina, vorrei avere un libro di fiabe illustrato da Michela, se fossi una sognatrice cronica, vorrei restare impigliata per sempre in questo regno fatto di occhi grandi e paesaggi lunari, se fossi realista e con i piedi per terra, mi abbandonerei volentieri, di tanto in tanto, a questa testimonianza a cuore aperto, se non avessi tempo, appenderei al muro uno dei suoi dipinti così che la retina s’imbeva ad ogni passaggio frettoloso della vita in corsa, se fossi felice sorriderei e mi immedesimerei in uno di quei volti. Se fossi in voi, spegnerei i rumori fuori e starei a guardare per un po’ l’alchimia di questo fuoco.
venerdì 28 settembre 2012
WITHOUT
Credevo che stringendoti più forte non saresti andato via
E mentre mi avvinghiavo alle tue spalle pensavo
Devo ricordarmene devo ricordarmene quando non ci sarai
Le foto, le poesie, le frasi sparse
Tutto per tappare i buchi della mia memoria sottile come un velo
Ricordo bene ogni cosa ma non mi consola
La fisicità, la presenza, l’odore, il calore, gli occhi
I ricordi non bastano, sono infami e traditori
Ci guardavamo insieme davanti allo specchio
Eri orgoglioso di essere così imponente rispetto a me
Il gigante e la bambina
La frutta di stagione e i fiori che odoravano ancora d’erba recisa
Non hanno più sapore, nessun odore pungente che mi riporti a quei giorni
Tra poco un anno senza un pezzo del mio cuore
E mi sembra che manchi da una vita intera…
mercoledì 19 settembre 2012
MIO PADRE
Non ho posato mai tanto a lungo il mio sguardo dentro il tuo
non ho indugiato nell'osservarti e nel rivedermi figlia delle tue mani
non ho respirato mai abbastanza forte il tuo odore di uomo e terra
non ho accarezzato spesso il tuo viso fino a ricordarne oggi ogni segno.
Quanto orgoglio nel pensarmi tua figlia
quante ore non posso più avere da regalarti
quanto fa male non potermi più perdere nei tuoi sorrisi forti e sicuri
mi manchi e mi riempi ogni giorno di questo vuoto indicibile.
lunedì 17 settembre 2012
ZITTO E COMPRA
Compra l’i-phone
The thinnest, light est, fastest!
Compra l’i-pad
its brilliant from the outside in.
Compra il fuori strada
per chi ama l’avventura.
(certo, tu vivi in città, mica in campagna e l’avventura è destreggiarti come un moscone tra le maglie di una fitta rete che puzza di pesce andato a male).
Compra la casa
nano-locale ad altissimo costo poco importa indebitarti finché morte causa cambiali scadute non sopraggiunga, compra la casa! Perché ormai hai messo radici e non potrai mai più andar via, qui crescerai, ti moltiplicherai e morirai, aggrappato al mattone che neppure hai finito di pagare.
Compra compra compra tutto quello che io ti ordino di comprare
altrimenti cosa risponderai a chi ti dirà:
1) Che modello hai? Il 4 o il 5 (avere l’i-phone è scontato).
2) Hai visto che belle i-pad tablet ha questo negozio? Ha le borchiette!(ovvio che tu abbia distrutto il tuo vecchio pc per acquistare l’ i-pad).
3) Che macchina hai tu?
4) In che zona abiti? Ah! Bello… ma è tua?… o sei in affitto?
Compra compra compra.
mercoledì 12 settembre 2012
Barcellona
Ho bisogno di tempo, giorni, forse mesi per capire se posso amarti.
Ho percorso per chilometri le tue strade, ti ho osservata, criticata, mi sono interrogata. Ho attraversato l'odore dei quartieri, sopportato l'afa soffocante della metropolitana, mi sono nutrita nel tuo ventre e nelle notti ho cercato di sognare.
Ho bisogno di tempo per capire se vorrò tornare.
martedì 24 luglio 2012
ADDIO CARA VECCHIA LIBRERIA
C'era una volta,
a dire il vero, non molti anni fa, la gioia di trascorrere un giro indefinito di lancette attorno al suo quadrante in un luogo chiamato LIBRERIA.
C'era il profumo delle pagine impolverate e violate da mani talvolta gentili, spesso irriverenti.
C'era sempre qualcuno a cui chiedere a da cui ricevere informazioni dettagliate, arricchite dalla passione e dalla conoscenza, indipendentemente dall'ammontare di denaro che tale servizio offriva come compenso.
E se anche accadeva che non si acquistava, la libreria ti ricompensava di un sorriso amichevole, ti regalava un po' del suo odore che restava incollato alle mani per 4 - 5 giri di lancetta e pensavi che comunque erano giri ben spesi quelli trascorsi alegger trame ed immaginar contenuti.
Cara vecchia libreria, ora sei una prostituta malandata.
T'hanno empita di inutili gingilli, t'hanno affidata a insensibili mercenari che toccano libri come fossero pomodori da tastare prima dell'acquisto.
Ora, miei cari vecchi amanti libri, vi svendono a peso, come il robivecchi dietro l'angolo di casa mia.
Addio, mi cara dolce amante, ora i libri mi arrivano in gabbie di cartone, ricoperti di cellophane.
T'ho amata oh, se t'ho amata!
a dire il vero, non molti anni fa, la gioia di trascorrere un giro indefinito di lancette attorno al suo quadrante in un luogo chiamato LIBRERIA.
C'era il profumo delle pagine impolverate e violate da mani talvolta gentili, spesso irriverenti.
C'era sempre qualcuno a cui chiedere a da cui ricevere informazioni dettagliate, arricchite dalla passione e dalla conoscenza, indipendentemente dall'ammontare di denaro che tale servizio offriva come compenso.
E se anche accadeva che non si acquistava, la libreria ti ricompensava di un sorriso amichevole, ti regalava un po' del suo odore che restava incollato alle mani per 4 - 5 giri di lancetta e pensavi che comunque erano giri ben spesi quelli trascorsi alegger trame ed immaginar contenuti.
Cara vecchia libreria, ora sei una prostituta malandata.
T'hanno empita di inutili gingilli, t'hanno affidata a insensibili mercenari che toccano libri come fossero pomodori da tastare prima dell'acquisto.
Ora, miei cari vecchi amanti libri, vi svendono a peso, come il robivecchi dietro l'angolo di casa mia.
Addio, mi cara dolce amante, ora i libri mi arrivano in gabbie di cartone, ricoperti di cellophane.
T'ho amata oh, se t'ho amata!
mercoledì 18 luglio 2012
Notti collose
E' stretta la notte attorno alle caviglie
afoso il cielo mi pende sulla testa
osservo ogni cosa, ogni cosa che mi osserva e mi punge gli occhi
respiro ogni parola, ogni parola soffia tra i capelli
vorrei abbracciare un po' di gente
far finta che sia amore fraterno
ma poi è la notte, che mi abbraccia
stretta stretta ai fianchi mi si avvinghia e ride
delle mie gambe cha scavano solchi senza poter correre.
giovedì 28 giugno 2012
Il fratello di mio padre
Come sempre, quando torno a CASA, dopo aver condiviso il sacro evento del pranzo con mia madre, vado al Ferrante, storico terreno fecondato dagli uomini della famiglia Piano.
C'è un muretto in pietra, basso basso che copre a stento le mie ginocchia, mangiucchiato qua e là dal tempo e dal vento, è il confine tra la nostra terra e quella di mio zio.
Lo vedo da lontano, mi avvicino per salutarlo, felice di poter guardare in lui gli occhi di mio padre.
Mio zio bello e gentile, con un sorriso che ti apre il cuore.
Si ferma un attimo prima di salutarmi, coglie un fiore dalla siepe che prima del muro ci separa e mice: "Un fiore, per la mia nipotina" e allunga il braccio verso di me.
Mi sento piccola, quasi indegna di tanto amore.
Supero il cespuglio di origano da cui si sprigiona un odore pungente e familiare, mi avvicino al muretto e penso alla bellezza,
si,
questa è la BELLEZZA.
Grazie zio
C'è un muretto in pietra, basso basso che copre a stento le mie ginocchia, mangiucchiato qua e là dal tempo e dal vento, è il confine tra la nostra terra e quella di mio zio.
Lo vedo da lontano, mi avvicino per salutarlo, felice di poter guardare in lui gli occhi di mio padre.
Mio zio bello e gentile, con un sorriso che ti apre il cuore.
Si ferma un attimo prima di salutarmi, coglie un fiore dalla siepe che prima del muro ci separa e mice: "Un fiore, per la mia nipotina" e allunga il braccio verso di me.
Mi sento piccola, quasi indegna di tanto amore.
Supero il cespuglio di origano da cui si sprigiona un odore pungente e familiare, mi avvicino al muretto e penso alla bellezza,
si,
questa è la BELLEZZA.
Grazie zio
mercoledì 6 giugno 2012
A killer in my garden

Orgoglioso stringe la preda tra i denti.
Corre ai miei piedi mi osserva serio e depone il trofeo.
Eppur si muove!
Batte ancora il cuore del verde malcapitato!
Non ho il coraggio di approvare le leggi della natura e libero l'ostaggio.
Il killer nero colpirà ancora, ne sono consapevole,
mai detto fu più veritiero...occhio che non vede, cuor che non duole!
venerdì 1 giugno 2012
I'VE BEEN DREAMING OF YOU
Mio padre, con il completo marrone anni '70, lo stesso della foto che campeggia sulla lucida parete del mio frigo: io, piccolina, in braccio a lui, guancia bianca contro guancia bruna, mani piccolissime avvinghiate al suo collo imponente.
Si avvicina e mi sorride, dolce e bello come fosse vero, vivo ancora difronte a me e mi porge un anello. E' la sua fede, la stessa che porto al collo dal 28 ottobre 2011. Sarà che sai che ti amo e che sin da bambina mi chiamavi "la tua zitarella". Sarà che in ogni uomo della mia vita io ho cercato te -pazza furiosa che non sono altro- ovviamente mi son sempre persa.
Sarà che con te è svanito il mio sogno di bambina d'esser accompagnata da te all'altare mentre immaginavo di stringerti forte il braccio e avevo la certezza che t'avrei visto piangere di gioia. Quel sogno se n'è andato a gambe levate, scarnificato dalla tua assenza, ma tu stanotte mi hai sposata, io tua figlia, tua madre, tua moglie come per gioco.
Lo porterò sempre questo anello e resterà l'unico.
Torna presto, almeno in sogno...
Si avvicina e mi sorride, dolce e bello come fosse vero, vivo ancora difronte a me e mi porge un anello. E' la sua fede, la stessa che porto al collo dal 28 ottobre 2011. Sarà che sai che ti amo e che sin da bambina mi chiamavi "la tua zitarella". Sarà che in ogni uomo della mia vita io ho cercato te -pazza furiosa che non sono altro- ovviamente mi son sempre persa.
Sarà che con te è svanito il mio sogno di bambina d'esser accompagnata da te all'altare mentre immaginavo di stringerti forte il braccio e avevo la certezza che t'avrei visto piangere di gioia. Quel sogno se n'è andato a gambe levate, scarnificato dalla tua assenza, ma tu stanotte mi hai sposata, io tua figlia, tua madre, tua moglie come per gioco.
Lo porterò sempre questo anello e resterà l'unico.
Torna presto, almeno in sogno...
lunedì 28 maggio 2012
ABOUT FREEDOM
I’m free when:
I can say no
I believe my dreams can come true
I can spend my Sunday afternoon with a good friend
I say “I love you” without feelin’ trapped
I can drive my car, put some music on without destination at least for one day
I go to bed and think there’s another day beyond the night, waitin’ for me
I can hold anyone’s look with no sense of guilt
I cut my long hair like a punk and still feel like I haven’t lost anything
I’m aware I’m no super woman, can be right but can be wrong as well
I believe there’s non superior Being, just nature with its secrets unveiled and its marvels
I can type these words and be sure no one will judge me
I trust people
I love animals and feel non superiority towards them
I do not forget to be grateful for the sun, the moon, the stars and the sky upon my head
I do not forget to be grateful for the food and water I have, the little house and the garden
I remember I have a brain, I can do things by myself
I will be really totally free when I’ll be able to shut the door and believe things can be different
I’m not scared to say “I’m sorry”
L’APOCALISSE IMMANENTE DI DANIELE BARON
Daniele Baron è nato a Pinerolo il 28 luglio 1976 e abita a Villar Perosa (TO). Si è laureato con lode in Filosofia Morale presso l’Università degli Studi di Torino con una tesi dal titolo “La morale dell’autenticità“, incentrata sul pensiero del filosofo francese Jean-Paul Sartre.
“Non è tempo di favole. Che vadano a letto i bambini, che si coprano i loro occhi ignari. Non c’è segnale in Tv (“Assenza di segnale”) eppure, un’immagine inquietante attraversa lo schermo, alle sue spalle un lupo sormontato dalla luna piena aggredisce, con la sola presenza, la calma apparente di una sera come tante. Il limitare della stanza non rassicura, non c’è via di fuga, la casa sembra sorgere su dei binari.
Il filo conduttore del “pensiero” di Baron sembra essere l’attesa di un destino più o meno imminente. La caducità dell’uomo è dipinta magistralmente negli occhi della bambina tra le zampe/braccia dell’uomo che ha fattezze animalesche. In uno spazio spesso bidimensionale, e quindi ancor più immediato, scaraventato quasi contro gli occhi di chi osserva, una figura indifferente (e dico “figura“ di proposito) fuma seduta, sembrerebbe addirittura annoiata, sulla sua poltrona mentre l’apocalisse striscia al suo fianco (“Attendendo l’Apocalisse”).
Non c’è religione che tenga di fronte al sinistro sorriso di un Cristo sulla croce che si lascia squarciare il petto e mordere le carni (“La Passione”).
C’è forse speranza nell’espressione della donna che in “Dare alla luce” si regge il ventre gonfio, in procinto di partorire tra famelici lupi che avanzano alle sue spalle? Quelle mani sembrano occhi terrorizzati, spalancati e tesi nella livida notte.
Favole e parabole sono riscritte con pennellate dense, temporali in agguato e chiaroscuri imbrattati di rosso carminio.
Benvenuti nell’Apocalisse di Daniele Baron.
LUNGO STRADE PER POCHI PIEDI OCCIDENTALI: ANJUNA IN ORIENTE
Gokarna, Ninh Binh, Hoian, Hami.
No, qui non troverete le grandi firme, non si organizzano convegni a Battambang, non ci sarà nessun villaggio turistico ad accogliervi. Sono strade per pochi piedi occidentali. Anjuna vede tra gli interstizi dei mezzi di fortuna, lì coglie gli sguardi che feriscono come mezze lune taglienti, immortala mani arrese, volti coperti come a nascondere le parole e le storie che vi racconterebbe soltanto a essere osservato. I bambini ignari di cosa possa esserci al di là dei sentieri non asfaltati, giocano, sorridono, lasciano sciolti i capelli neri, liberi da costrizioni o pettinature alla moda. I loro occhi sono così intensi da sembrare dipinti e lucidati, come quelli delle bambole.
Tuttavia, non lasciatevi ingannare, le città menzionate non sono mete della tristezza, inducono, bensì alla riflessione, alla stasi del tempo che può aiutare a ritrovare la parte più vera di ognuno di noi. Solo chi ha un cuore profondo, un animo che non si accontenta della informe massa di oggetti legati al benessere dai quali siamo travolti e soffocati tanto da non riuscire a scegliere, possono scovare anche qui la ricchezza. Gli occhi semplici, acqua e sapone, una fascia colorata tra i capelli, Anjuna ci regala con i suoi scatti la pienezza dei sorrisi che si stagliano contro la povertà, come la luce e la sua ombra gemella, il sorriso su tutto, nonostante tutto, le guerre, le dominazioni ottuse che hanno devastato terre meravigliose pur non riuscendo (fortunatamente) ad ammutolire la spiritualità degli esseri umani. Ritratti seppia, bianco e nero, colori caldi e freddi ci accompagnano lungo un percorso che ammalia e ferma il tempo. Fermatevi anche voi a pensare, a guardare, a ricordare che l’abbondanza spesso distoglie dalla vera bellezza.
Scatti di Francesca Orlando (alias Francesca Anjuna Terzani).
Vortici e prospettive distorte, diagonali, immagini trasversali decontestualizzate e scaraventate in un vuoto ossessionato da colori decisi, poco inclini a sfumature. Confusione di linee e forme.
Vortici e prospettive distorte, diagonali, immagini trasversali decontestualizzate e scaraventate in un vuoto ossessionato da colori decisi, poco inclini a sfumature. Confusione di linee e forme.
I racconti visivi di Enrico Corti, autodidatta fiorentino, non nascondo la denuncia e i dissapori che mai come ora regnano in molti giovani artisti appartenenti alla generazione di chi non accetta cieca obbedienza e sottomissione ad un sistema ipocrita, bugiardo e spesso incomprensibile. Cantore di patimenti amorosi, senso di abbandono e perdita di coordinate spazio-temporali, questo giovane artista si esprime fortemente con le “maschere” della società (v.i.t.r.i.o.l.) dove ognuno gioca il suo ruolo, con “Odiosi Addii” il senso di separazione non è solo fisico ma visivo, prospettive contrastanti rendono ancor più tangibile la lontananza, la stessa che appare in “Salice piangente (a Tokyo)” in cui il salice sembra definire due paesaggi, l’uomo e la donna, destinati a raccontarsi l’amore da universi paralleli: un cuore al centro del petto ancorato con le sue radici al corpo, e un cuore che si staglia nel tramonto che fa da scenario. Dolore quindi ma anche amore, romanticismo e speranza nelle opere che diventano anche oggetti originali come per “Hand Idea Lamp”. Tra colori, luci ed ombre Enrico ci comunica una grande sensibilità, tanti si riconosceranno nel suo spassionato racconto fatto di olio e acrilico, tessuti e fil di ferro, inserti in stoffa e legno, ogni materia ha qui il suo bel dire nella frammentazione della vita.
Alessandra Piano (“Alepaz”)
Alle zeppe preferisco la zappa
Avete presente quando si è quasi a Pasqua e ogni cosa su cui posiamo gli occhi sembra avere la forma di un uovo? Avete presente tutti gli scaffali che rigurgitano uova di tutte le misure/prezzi/colori? Ecco, oggi, mentre mi aggiravo nel girone infernale che Dante ha dimenticato di descrivere nella Divina Commedia, ho pensato a quel tipo di invasione.
Facciamo un passo indietro. Il mio weekend era iniziato in maniera idilliaca. Uno: finisce la settimana di lavoro, siccome il mio lavoro non mi garba per nulla, io bramo avidamente il venerdì. Due: venerdì sera in piena stasi del corpo, divento tutt’uno col divano come pane e nutella, il gatto sulla pancia che diventa un tutt’uno con me come un panino multistrato. Tre: sabato mattina gran dormita, pranzo, giardino, sole, due passi in centro e si arriva al sabato sera. Daniela passa a prendermi e con gli amici si va a salutare quel postaccio che ha disegnato un omino “incazzuso” sulle pareti esterne, il postaccio dove c’è una musica che non senti altrove (in molti altri locali io distribuirei i tappini), il postaccio dove una certa Alessandra mi tenta con un J. Belly con cioccolato fondente annesso (“Vuoi il cioccolato?” No, dico, Alessà io nella cioccolata ci annegherei!!”), in questo postaccio poi ci ritrovo gli amici, quelle facce sorridenti e rilassate che mi fanno dimenticare l’ora e il colore del cielo. Caro postaccio Post bar mi piaci, mi piaci proprio tanto, e mi piace poggiare la schiena contro il tuo muro mentre faccio opera di taglio e cucito sui passanti.
Fin qui tutto perfetto. Arriviamo a domenica pomeriggio e al girone infernale: io e Daniela, da me ribattezzata Ally andiamo in un centro commerciale che non menzionerò nemmeno sotto camuffate spoglie. E ritorno al discorso delle uova di Pasqua senza dilungarmi troppo per non tediarvi: la zeppa. Sicuro stanotte faccio un incubo di quelli che solo la mia mente malata può partorire. Ogni scaffale ha una zeppa da offrirmi: strutture architettoniche a dir poco strabilianti, accoppiamenti che farebbero impallidire il costume del pagliaccio più fantasioso. Donne dal metro e sessanta in giù io vi prego non comprate le zeppe. Ma immaginate uscire e guardare tutti sentendosi delle stangone pazzesche e poi tornare a casa, arrivare davanti allo specchio(se non peggio, davanti alla conquista della serata) e scendere giù, ma così giù che il mondo sembra cambiare intorno a noi? Un po’ come chi si ostina (io) a comprare un super push-up per poi tornare a casa la sera con dei solchi sul torace e segni rossi a testimonianza di un’impalcatura che non c’è. Poi, la zeppa, ma che fine hanno fatto i tacchi, e con loro il coraggio delle donne che si infliggono questa sofferenza diventando gazzelle dalle lunghe gambe. Zeppa. Onomatopeicamente mi disturba il solo nome, mi fa pensare alla pesantezza della zappa dopo averla usata lungo l’intero campo. Perdonatemi, io non sono alla moda, ora che tutti ci ingozzano con le zappe, oh, scusate, zeppe, io mi ritiro nel mio campo a piantare meraviglie, il prossimo inverno, la zeppa sarà l’ennesimo cimelio nel buio angolo dell’armadio mentre la zappa, quella, la devo usare tutto l’anno per il mio campo!
P.S.: Alle donne piccine io direi che sono dei piccoli capolavori e che non sempre essere alte è sinonimo di bellezza… il sangue si sa, fa fatica ad arrivare troppo in alto!
Colonna sonora dello scritto: “Do You Love Me?” Nick Cave & The Bad Seeds
Domenica 25 marzo. Un altro weekend si è consumato troppo in fretta. Complici una serie di eventi, vuoi la primavera, l’ora legale, la temperatura molto più piacevole, il fine settimana appena trascorso merita uno sguardo approfondito. Venerdì trascorre innocuo, tra le mura di casa, le pareti colorate, la musica, il via-vai di amici da caffè, chiacchiera, annunci e stress da post settimana di lavoro. Sabato partono le catene di sant’Antonio alias A chiama B, B chiama C, il quale a sua volte avverte la coppia D-D e così via, ci si da appuntamento al Caffè delle Merci. E’ buona abitudine infatti, essere legati a un luogo d’incontro, crocevia dal quale poi ognuno sceglierà come proseguire il viaggio nella notte del sabato sera. Luce calda, pareti colorate, quadri, un frigo azzurro poggiato in un angolo e mentre ci si dirige verso l’affollato bancone tra piccoli tavolini, a sinistra, in una nicchia che si può vedere dall’esterno per via della vetrata, campeggia la colonna sonora: Maurizio Di Fazio regge le redini del gioco, ci racconta la sua musica. Non mi dilungherò con titoli e descrizioni tecniche, preferisco arrivare al punto, l’effetto, la risultante. Mi guardo intorno e vedo sorrisi, persone che canticchiano, assecondano con il piede il ritmo e con gli occhi allegri un pezzo che ha fatto storia e che non tramonterà mai. Maurizio inizia in sordina, in un crescendo di intensità, forma e sostanza. Io lo distraggo per scambiare due chiacchiere ma mi sembra un sacrilegio interrompere la concentrazione di chi fa il suo lavoro (uno dei tanti che in realtà svolge) con impegno e apprensione. Torno al tavolo ad ascoltare la paziente Sara Baldelli che ci racconta il vino che abbiamo sul tavolo. Dopo un vino pugliese il gruppo ne propone uno del nord e, al mio preferire il sud a tutti i costi, vengo definita “leghista del sud” quindi, non posso far altro che cedere al vino del nord (secondo me, il Salice era migliore!). Le ore volano, gruppi entrano ed escono, c’è ricambio continuo, si sta un po’ dentro e un po’ fuori, magari per fumare una sigaretta e assaporare l’inizio della bella stagione che non ci costringe tutti accalcati dentro i locali. Sembrano tutti felici, le ragazze che servono sorridenti, educate, il volume è perfetto, si può parlare senza dover diventare soprani e tenori. Sedie sui tavoli, è giunta l’ora, il crocevia impone la sua scelta, chi va a casa, chi a Pescara vecchia, altri scelgono locali in cui andare a ballare. Cerco di convincere Maurizio a seguirci, ma è sazio della sua musica, dei volti sui cui deve aver scorto approvazione, quindi preferisce andare a casa. Io ho compiuto una scelta diversa e, insieme alla mia tribù vado in un locale molto conosciuto. M a questa è un’altra storia, ve la racconterò, se ne avrete voglia, in un altro delirio. Solo un piccolo accenno: il volume ti scoppia nel petto, sigarette, piedi calpestati e cocktail rovesciati, c’è chi fa fatica ad acciuffare con la bocca la cannuccia per bere (sarà il buio??), si può scegliere di cambiar musica semplicemente facendo pochi passi, un corridoio divide tre ambienti, ognuno con il suo dj. Quanto parlo… una parola è poca due sono troppe! Al prossimo weekend, solo se sarà speciale…
Salgono in alto palloncini colorati, uccelli colti in volo disegnano il cielo azzurro come tanti pois. Gli scatti di Lucia Donatelli corrono in orizzontale ed in verticale, guardano a terra e attraversano gli spazi circostanti. Piedi che pedalano, sfidano lo sfaldarsi della realtà di foglie secche d’autunno, piedi che si arrendono in mezzo ad un prato, offesi dal logorio del tempo che ogni cosa graffia. E’ un insieme di colori che si srotolano tra giochi infantili di sedie volanti e finestrini grigi di un treno che viaggia. Non importa quale fosse la direzione, alcuni sguardi sanno interpretare così bene da render meta ogni punto immortalato: il movimento dentro la stasi della fotografia, può accadere. Guardate con gli occhi di Lucia, la “petite italienne” che vuole intrappolare gli istanti, è come leggere un diario di impressioni immerse nel mare del reale e del sogno. La semplicità è la cosa più difficile da interpretare ma, a mio parere, è sempre vera, non richiede inutile artificio.
Lucia Donatelli nasce nel 1984 alle 16 30 di un giovedi caldissimo, il resto della sua storia lo trovate nei meravigliosi scatti che improvvisano la vita.
Lucia Donatelli nasce nel 1984 alle 16 30 di un giovedi caldissimo, il resto della sua storia lo trovate nei meravigliosi scatti che improvvisano la vita.
Dopo un estenuante pomeriggio con Ilaria e Shana per le vie del centro di Pescara torno a casa esausta. Tacchi improbabili, zeppe da giocolieri, occhiali modello televisore dell’88 per chi ci vede benissimo ma vuole inquadrare le genti, profumi che stordirebbero anche un beduino abituato a 45° all’ombra, buste colorate, donne leopardate, uomini con tagli punkettarissimi.
Si torna a casa, cena, trucco e parrucco e via, direzione Caffè delle Merci. Le simpatiche facce dei ragazzi dietro il bancone ti fanno sentire a casa, o meglio, il nostro era già un post-casa.
Si cambia location. I primi calici di vino sono belli che piantati alle pareti dello stomaco.
Post bar (ancora un post), fa freddo, freddissimo, prendiamo un cicchetto, due, tre, quattro! Per scaldarci mentre la folla accalcata fuori dal locale fa la sua parte (come il bue e l’asinello con Gesù). Va meglio, si, comincio a sentirmi meglio di un Gesù (possibilmente prima dei tempi di Giuda), bella, brillante, e soprattutto meno infreddolita, i tacchi, improbabilissimi per me, non mi danno più fastidio. Incontro un’amica. Vedere per la prima volta un’amica che si è sempre e solo incontrata su lavoro è meglio di un trip. Sembra un’altra, come una foto che da sfocata diventa nitidissima. Abbracci e baci, c’è amore nell’aria perché l’alcol è fetente si sa, ma a volte, fa un effetto proprio bello. Andrea è seduto ad un tavolino del Post Bar, sorseggia qualcosa. A terra un telo azzurro da mare e sul telo una decina di libri. Si tratta di un esperimento, mi dicono. Oggi, dopo la sbronza del sabato sera mi ritrovo con un libro di Nietzsche sulla cui copertina è incollata la foto di un uomo che secondo me potrebbe essere il padre di Andrea. Dentro, sin dalla prima pagina, mille frasi scritte in tutti i versi possibili, messaggi, appunti, faccine, freccine, massime “uomo = creatura e creatore 87” sparse così, apparentemente senza senso. E poi una dedica, immancabile per chi dona un libro. C’è una parola pescarese che conosco, la prima che imparai quando arrivai a Pescara ch’ero ancora figlia di una sola terra: “Alessà sei proprio fregna! Continua così, con il piercing dritto dritto nel coraggio e nella hibris, una vincente che è ridente. TVB Andrea”. Io questo Andrea non lo conosco però è stato causa dei miei primi sorrisi del mattino, una domenica tra post sbronza (la vita è tutto un post… it), gola arsurata/bruciata, piedi doloranti (maledetti tacchi ma chi me l’ha fatto fare), mal di testa latente e il cuore pieno di benessere. Ho guardato dritto dritto negli occhi e nel cuore di amici vecchi e nuovi belli come una coccinella d’estate che ti si posa sulla gamba. Post it: Simone oggi paga le conseguenze della sbronza. Un consiglio, e permettete: meglio non bere… la vita è più “fregna” da sani!
Colonna sonora di questo scritto: Fossati,“Naviganti”:
Si torna a casa, cena, trucco e parrucco e via, direzione Caffè delle Merci. Le simpatiche facce dei ragazzi dietro il bancone ti fanno sentire a casa, o meglio, il nostro era già un post-casa.
Si cambia location. I primi calici di vino sono belli che piantati alle pareti dello stomaco.
Post bar (ancora un post), fa freddo, freddissimo, prendiamo un cicchetto, due, tre, quattro! Per scaldarci mentre la folla accalcata fuori dal locale fa la sua parte (come il bue e l’asinello con Gesù). Va meglio, si, comincio a sentirmi meglio di un Gesù (possibilmente prima dei tempi di Giuda), bella, brillante, e soprattutto meno infreddolita, i tacchi, improbabilissimi per me, non mi danno più fastidio. Incontro un’amica. Vedere per la prima volta un’amica che si è sempre e solo incontrata su lavoro è meglio di un trip. Sembra un’altra, come una foto che da sfocata diventa nitidissima. Abbracci e baci, c’è amore nell’aria perché l’alcol è fetente si sa, ma a volte, fa un effetto proprio bello. Andrea è seduto ad un tavolino del Post Bar, sorseggia qualcosa. A terra un telo azzurro da mare e sul telo una decina di libri. Si tratta di un esperimento, mi dicono. Oggi, dopo la sbronza del sabato sera mi ritrovo con un libro di Nietzsche sulla cui copertina è incollata la foto di un uomo che secondo me potrebbe essere il padre di Andrea. Dentro, sin dalla prima pagina, mille frasi scritte in tutti i versi possibili, messaggi, appunti, faccine, freccine, massime “uomo = creatura e creatore 87” sparse così, apparentemente senza senso. E poi una dedica, immancabile per chi dona un libro. C’è una parola pescarese che conosco, la prima che imparai quando arrivai a Pescara ch’ero ancora figlia di una sola terra: “Alessà sei proprio fregna! Continua così, con il piercing dritto dritto nel coraggio e nella hibris, una vincente che è ridente. TVB Andrea”. Io questo Andrea non lo conosco però è stato causa dei miei primi sorrisi del mattino, una domenica tra post sbronza (la vita è tutto un post… it), gola arsurata/bruciata, piedi doloranti (maledetti tacchi ma chi me l’ha fatto fare), mal di testa latente e il cuore pieno di benessere. Ho guardato dritto dritto negli occhi e nel cuore di amici vecchi e nuovi belli come una coccinella d’estate che ti si posa sulla gamba. Post it: Simone oggi paga le conseguenze della sbronza. Un consiglio, e permettete: meglio non bere… la vita è più “fregna” da sani!
Colonna sonora di questo scritto: Fossati,“Naviganti”:
Ore 8 del mattino, parto per il mio sud. Ho con me la musica di Lilia.
Il paesaggio è costellato di terreni, pale eoliche, mare e nuvole gravide di promesse, che sia la primavera ad avvicinarsi o un clamoroso temporale per ora non ha importanza, questa è la mia terra madre, mio amore, mia passione.
Arrivo a Muralda, il terreno che porta le orme dei miei nonni e di mio padre e che dal 28 ottobre, recherà solo le mie, di orme. Conosco ogni passo di questo campo a memoria, le rughe degli ulivi, la forma delle nuvole dal mattino a crepuscolo, gli odori di ogni stagione che si sussegue, la mutevole pesantezza dei rami gonfi di frutti o germogli.
La musica fa magie. Trasfigura i volti, il cielo, addirittura gli odori. Oggi tutte queste immagini mi appaiono diverse, degne di uno sguardo ancora prima di andar via. Se amate sognare, lasciarvi cullare da sonorità eleganti e delicate, ascoltate “Il pleut“. Qui il tempo si ferma, come un treno, ci accoglie in comode sedute e ci trasporta lontano.
Grazie Lilia.
Il paesaggio è costellato di terreni, pale eoliche, mare e nuvole gravide di promesse, che sia la primavera ad avvicinarsi o un clamoroso temporale per ora non ha importanza, questa è la mia terra madre, mio amore, mia passione.
Arrivo a Muralda, il terreno che porta le orme dei miei nonni e di mio padre e che dal 28 ottobre, recherà solo le mie, di orme. Conosco ogni passo di questo campo a memoria, le rughe degli ulivi, la forma delle nuvole dal mattino a crepuscolo, gli odori di ogni stagione che si sussegue, la mutevole pesantezza dei rami gonfi di frutti o germogli.
La musica fa magie. Trasfigura i volti, il cielo, addirittura gli odori. Oggi tutte queste immagini mi appaiono diverse, degne di uno sguardo ancora prima di andar via. Se amate sognare, lasciarvi cullare da sonorità eleganti e delicate, ascoltate “Il pleut“. Qui il tempo si ferma, come un treno, ci accoglie in comode sedute e ci trasporta lontano.
Grazie Lilia.
giovedì 12 aprile 2012
Denti
Una collana di speranze
sorrisi legati attorno al collo
dovessi averne necessità nei momenti tesi.
Come perle stringono bianche e lucenti di lune affondate in cielo
come denti segnano inconfondibili il mio destino.
sorrisi legati attorno al collo
dovessi averne necessità nei momenti tesi.
Come perle stringono bianche e lucenti di lune affondate in cielo
come denti segnano inconfondibili il mio destino.
venerdì 23 marzo 2012
Mi devo ricordare di respirare
Tutta la notte ho teso lo sguardo.
Nel ventre della coscienza i ricordi si sono fatti taglienti.
Tutta la notte ti ho sognato, respirato,stretto forte,
come se tu fossi lì.
La mia testa si è fatta arca
e d'ogni specie di voglia s'è riempita.
Anche una sola parola, ti prego,
non colpirmi con questo silenzio.
Il cuore s'annega nell'assenza.
Nel ventre della coscienza i ricordi si sono fatti taglienti.
Tutta la notte ti ho sognato, respirato,stretto forte,
come se tu fossi lì.
La mia testa si è fatta arca
e d'ogni specie di voglia s'è riempita.
Anche una sola parola, ti prego,
non colpirmi con questo silenzio.
Il cuore s'annega nell'assenza.
mercoledì 21 marzo 2012
NUDA
Quest'amore si è strozzato spergiurando falsità.
Mi ha succhiato l'anima: se n'è fatto un vestito nuovo.
Mi ha lasciata nuda e spaventata.
Delle mie corde vocali s'è fatto uno strumento stonato.
Dei miei occhi si fa beffe, giochi e raggiri.
Tutto scioccamente mentre io non mi addormento più.
Mi ha succhiato l'anima: se n'è fatto un vestito nuovo.
Mi ha lasciata nuda e spaventata.
Delle mie corde vocali s'è fatto uno strumento stonato.
Dei miei occhi si fa beffe, giochi e raggiri.
Tutto scioccamente mentre io non mi addormento più.
mercoledì 29 febbraio 2012
La camicia dorme con me
L'ho presa dal cassetto, è a righine bianca e azzurra, maniche corte. Non mi sembravi così grande, ma con questa addosso, mi rendo conto che di me, qui dentro, ce ne starebbero tre! Il tuo odore è qui, ma notte dopo notte si confonde al mio e so, andrà via del tutto. Per fortuna ho la memoria degli odori, non tanto degli eventi che spesso dimentico e confondo. Gli odori, quelli importanti, li ricordo tutti, potrei scrivere un'etichetta per ognuno e mettere in fila piccole boccette con tappi di sughero come contenitori di ricordi.
IL tuo odore è caldo, forte, spesso come la corteccia del pane pugliese. Io me lo porto in giro e tu che penserai da lassù...che non t'ho stretto abbastanza?
mercoledì 22 febbraio 2012
MURALDA
Non ti preoccupare, sono qui a guardare la nostra terra, per me e per te. Quello che divoro con i miei occhi arriverà ai tuoi. E' bella, anche in inverno, dopo la neve. I tuoi alberi sono forti, hanno retto il peso come tu sostenevi me sin da bambina, reggiamo ai colpi, i tuoi alberi ed io, superiamo la neve fredda e impietosa e presto, come ad ogni primavera, rinasceremo ancora.
venerdì 17 febbraio 2012
BROKEN WORDS
CI SEI
Quando tremo, ho paura, spero, amo, sorrido, mi emoziono, discuto con i miei errori, abbraccio le mie insicurezze, accetto la mia debolezza per poi prenderla a calci in culo, guardo il sole dritto in faccia e sento ancora freddo.
Quando tremo, ho paura, spero, amo, sorrido, mi emoziono, discuto con i miei errori, abbraccio le mie insicurezze, accetto la mia debolezza per poi prenderla a calci in culo, guardo il sole dritto in faccia e sento ancora freddo.
mercoledì 1 febbraio 2012
Le foglie del destino: l’astrologia Naadi e il bisogno di senso
Nella lontana e spirituale India vengono conservate migliaia di foglie di palma sulle quali, si dice, che ci sia scritto il destino degli uomini.
La tradizione vuole che, migliaia di anni fa, degli uomini santi, i Rishi, abbiano avuto la possibilità di canalizzare le conoscenze riguardanti eventi futuri del mondo e le informazioni dettagliate su ogni persona che avrebbe visitato l’India per conoscere il proprio destino.
LE ORIGINI
Le origini del Shastra Naadi (trattati di energia canalizzata) sono avvolte nelle nebbie del tempo. Si tratta di un affascinante sistema di predizione usato, per molti secoli, e che, per chi ci crede, rappresenta una guida affidabile per la conoscenza di se stessi, del proprio passato e futuro, delle proprie relazioni e dei propri destini.
Una serie di ricerca hanno dimostrato che questo sistema è utilizzato da almeno 4000 anni, dal momento che i trattati Naadi sono stati scritti (su rotoli di foglie di palma) in sanscrito, la lingua predominante dell’antica India.
La trasmissione originale avveniva per via orale.
I Shastra, si ritiene, che siano stati i primi ad essere composti molto tempo fa dai Sapta Rishi (sette saggi) – Agasthya, Kausika, Vyasa, Bohar, Bhrigu, Vasishtha e Valmiki.
Il centro principale nel quale si svolge ancora oggi la lettura dei Naadi Shastra è nel Vaitheeswarankoil, nei pressi di Chidambaram nel Tamil Nadu, uno stato nel sud dell’India.
Qui Lord Shiva, si narra, che ha assunto il ruolo di un vaidhya (un medico), dedito a cercare di alleviare le sofferenze dei propri devoti.
Fino al 1930, i Naadi sono rimasti non più che un antico retaggio: erano poco utilizzati quando, non, addirittura, incomprensibili da parte della maggioranza degli astrologi indù.
La conservazione delle foglie di palma Naadi la e la traduzione dal sanscrito in una forma antica della lingua Tamil è stata effettuata, su larga scala, circa 1000 anni fa, durante il regime dei re di Tanjore (dal 9 al 13 secolo dC).
Quando, poi, con il passare del tempo e l’usura, le foglie hanno iniziato a rompersi, i governanti Tanjore hanno incaricato una serie di studiosi di trascrivere il tutto su fresche ola (foglie di palma). Alcuni dei grantha Naadi sono stati anche tradotti in un’altra lingua indiana del Sud, Telugu.
Ogni Naadi è costituito da una ola particolare o una foglia di palma, scritta in ezathu vatta, lingua tamil, tramite uno strumento simile ad un chiodo chiamato ezuthani.
Le foglie di palma sono preservate venendo sfregate con olio di pavone, quando vengono utilizzate per i vaticini. Vengono conservate, specialmente, nella biblioteca Mahal Saravasti di Tanjore, nel sud dello stato indiano del Tamil Nadu.
Le previsioni dei Naadi sono, in generale, espresse in forma di commenti, anche se nei Shiva Naadi sono presenti come conversazioni tra il Dio Shiva e Parvati Mata, che esprimono la loro preoccupazione e le benedizioni su di loro devoti.
I contenuti delle vari foglie cono una serie di manoscritti altamente organizzati divisi in sedici capitoli o kandams. Le Kandams descrivono i vari aspetti della vita materiale e spirituale del destino di un individuo come la famiglia, il matrimonio, professione, ricchezza…
L’ASTROLOGIA
Il termine Naadi si riferisce ad un arco molto piccolo dello zodiaco, di dimensioni che vanno da 1/150 ad 1/600 di un segno (da 12 a 3 minuti). Ci sono molti antichi testi astrologici Naadi alcuni dei quali si occupano solo delle implicazioni astrologiche ed altri che combinando le caratteristiche della chiromanzia e dell’astrologia.
Del primo tipo sono testi come Bhrigu Naadi, Dhruva Naadi, ecc, mentre gli scritti in lingua tamil come Saptarishi Naadi appartengono al secondo gruppo.
Nella cultura Naadi, le persone che hanno come ascendente un determinato segmento di arco temporale, pare che siano soggetti a seguire modelli di vita predefiniti espressi in termini di transiti planetari. Sulla base di un simile schema interpretativo viene letto il vasto corpus di manoscritti registrati sulle foglie di palma.
IL PERCORSO DI LETTURA
Il percorso di lettura del destino inizia fissando un appuntamento, con circa due settimane di anticipo, perché, oggi, i lettori Naadi sono molto occupati. Il giorno stabilito, prima che la cerimonia inizi, ai partecipanti viene domandato di registrarsi depositando, su piccoli fogli di carta, l’impronta digitale del proprio pollice (il destro per gli uomini ed il sinistro per le donne) ed un nome, non necessariamente il proprio vero.
Le impronte digitali sono state suddivise in 108 categorie, per potere procedere alla particolare lettura Naadi.
Quindi, il primo passo è di stabilire a quale delle suddette categorie corrisponde l’impronta digitale del pollice. Una volta rintracciato il gruppo di appartenenza, il lettore Naadi inizia la ricerca tra le foglie di palma.
L’operazione di indagine è molto lunga e può durare anche l’intera giornata. Invero il processo di individuazione è scandito da due diverse fasi: nella prima il lettore Naadi, tramite l’impronta digitale, identifica un certo numero di foglie che le corrispondono e tra le quali ci potrebbe essere la specifica del soggetto in questione, nella seconda, con l’aiuto del soggetto stesso, al quale il lettore pone una serie di domande, viene trovata la sua foglia personale.
Quindi, appena il lettore seleziona le potenziali foglie del destino, chiede al soggetto che lo ha interpellato di accomodarsi in una stanza, per dare inizio alla seconda fase di scrematura.
Chi ha compiuto l’esperienza ammette che “Anche se avevo sentito da molti raccontare tutto il processo di lettura Naadi, a passarci di persona, è stata un’esperienza del tutto diversa, in un certo senso anche un po’ terribile ed umiliante per cominciare. Qui c’era un ragazzo sorridente a distanza, che poteva leggere tutto su di me – il mio passato, il mio futuro, non solo in questa incarnazione, ma anche nelle incarnazioni precedenti e successive. Nella stanza il lettore aveva tre pile di foglie di palma, ognuna con circa 30 foglie inserite tra due sottili lastre di legno di rosa e tutte legate insieme con una cordicella sporca che dava l’idea del frequente uso che ne veniva fatto”
Prima di incominciare, a chi lo interpella, il lettore chiede di rispondere ad una serie di quesiti ai quali si deve, semplicemente, rispondere con un ‘sì’ o un ‘no’, per non fornire ulteriori informazioni e dettagli.
Il lettore apre il primo gruppo di foglie ed inizia a leggere, ad alta voce, i contenuti in lingua tamil. Ogni volta che il lettore identifica qualche informazione che potrebbe essere abbastanza importante per formulare una domanda, interrompe la lettura e comunica all’interpretare che lo accompagna il quesito.
Se la risposta è affermativa, prosegue nella consultazione della foglia ponendo altre domande, finchè non arriva una risposta affermativa, al che cambia il gruppo di foglie.
Per avere un’idea del tipo di domande, proviamo a vedere insieme, uno stralcio dell’esercizio compiuto da Ram, un testimone diretto:
Lettore Naadi: sei il primo figlio nato dai tuoi genitori?
Ram : No (il lettore accantona la foglia e prende la successiva)
Lettore Naadi: Hai due fratelli?
RAM: No (passa alla foglia dopo)
Lettore Naadi: I tuoi genitori sono vivi?
Ram: Sì.
Lettore Naadi: sei l’ultimo dei figli nati dai tuoi genitori?
Ram: Sì.
Lettore Naadi: Sei di fede musulmana?
RAM: No (cambia foglia)
Il processo continua così finché, il lettore non riceve una serie di risposte affermative di chi lo interpella.
Allora annuncia che, con molta probabilità, la foglia nelle sue mani, dovrebbe essere quella giusta, ma, per saperlo, deve passare ai dettagli dei nomi che, vanno, confermati. (Sino a tale momento, non viene menzionato nessun nome dei parenti del soggetto in questione).
Lettore Naadi: il nome di tuo padre e il tuo nome sono composti ciascuno di due parti, e la prima parte in entrambi avrebbero cominciato con ‘Ra’?
Ram: Sì (il nome del Padre è Ramachandran, mentre il suo è Ramakrishnan)
Lettore Naadi:La seconda parte del nome di tuo padre è collegata alla Luna (Chandra in lingua sanscrita, che è considerato il progenitore di tutte le lingue indiane, si riferisce alla Luna)
Ram: Sì
Lettore Naadi: La seconda parte del tuo nome rimanda, invece, al nome del mangiatore Burro? (chi ha familiarità con la filosofia indiana può ricordare la storia di Krishna ed il suo amore per il burro in giovane età).
Ram: Sì.
Lettore Naadi: Il nome di tua madre è quello della divinità del tempio nella città di Madurai? (La divinità che presiede al tempio nella città di Madurai è Meenakshi, e la madre del soggetto ha il suo nome).
Ram: Sì.
Lettore Naadi: Il nome del tuo moglie è Uma.
Ram: Sì.
Il commento del testimone è entusiasta:
“È stato semplicemente fantastico. C’era una foglia di palma scritta più di mille anni fa che menzionava il nome di mia moglie direttamente e non con giochi di parole come per i miei genitori!”
Lettore Naadi: Tu dovresti avere tre figli ma il primo è morto. Il maggiore dei sopravvissuti è una ragazza, poi c’è un ragazzo.
Ram: Sì.
Lettore Naadi: Sei nato nel 1955 nel mese di ‘Aadi’? (14 luglio al 14 agosto)
Ram: Sì.
Lettore Naadi: Sei nato alle 5 di notte?
Ram: Sì. (l’Astrologia indiana calcola il giorno dall’alba all’alba.)
A questo punto il lettore descrive in modo generico le posizioni planetarie e siderali al momento della nascita del soggetto e conclude così l’analisi della sezione generale della foglia Naadi. Chi vuole può poi passare alle altre 13 sezioni – una corrispondente a ciascuna delle 12 case oltre as una per la precedente incarnazione
Un aspetto curioso della lettura delle foglie Naadi è che sembrano descrivere come presente l’attuale situazione di chi le interpella, quasi che millenni fa, lo scrittore avesse saputo con precisione, non solo che quella determinata persona sarebbe giunta a farsi leggere il proprio destino, ma anche, quando, di preciso.
Perciò, conclude Ram
“Questo vorrebbe dire che abbiamo avuto un incontro con il nostro destino per appuntamento, e non perché l’abbiamo cercato! …è forse un po’ difficile da digerire l’idea che i nomi che io e mia moglie abbiamo scelto, dopo molte discussioni e polemiche, per i nostri figli sono stati quelli, che, in ogni caso, avrebbero dovuto essere e che, questo, comunque, era stato deciso prima ancora che noi, i nostri genitori ed i loro genitori fossero nati?!”
Indipendentemente dal fatto che ci crediamo o meno alla possibilità che qualcuno abbia scritto millenni fa il nostro destino, è interessante notare come il desiderio di rifiutare la credenza, diffusa in epoca Postmoderna, che tutto, dal mondo alla vita dell’uomo, sia affidato esclusivamente al caso, ad una serie fortuita di coincidenze, ha sempre meno credibilità nella società di oggi.
Il numero di persone che ricerca un senso, il Senso del proprio esistere, convinta di avere una missione da compiere su questa Terra, di essere frutto di un disegno divino (per alcuni che non lede il libero arbitrio, per altri che assume la forma di uno stretto determinismo) cresce in continuazione.
La ricerca di senso è proprio una delle cifre che contraddistinguono l’era in stato nascente, un’epoca nella quale l’uomo, come da sempre, dà due diverse risposte. Da un lato, si sente, fino in fondo, responsabile di se stesso, del proprio futuro, artefice del proprio destino. Si tratta dell’atteggiamento tipico della nuova generazione dell’UniCum. Dall’altro, si convince di non avere scelta, di essere inserito in un meccanismo, a-priori, dal quale non può sfuggire.
Le due alternative descrivono due modi diversi di affrontare la vita: uno più attivo, pro-attivo, co-creattivo, l’altro più passivo, più deterministico
In entrambi i casi, però, consta il fatto che l’era dell’uomo ad una dimensione, in balia del caso, del nonsenso, pare abbia, ormai, segnato il passo.
La tradizione vuole che, migliaia di anni fa, degli uomini santi, i Rishi, abbiano avuto la possibilità di canalizzare le conoscenze riguardanti eventi futuri del mondo e le informazioni dettagliate su ogni persona che avrebbe visitato l’India per conoscere il proprio destino.
LE ORIGINI
Le origini del Shastra Naadi (trattati di energia canalizzata) sono avvolte nelle nebbie del tempo. Si tratta di un affascinante sistema di predizione usato, per molti secoli, e che, per chi ci crede, rappresenta una guida affidabile per la conoscenza di se stessi, del proprio passato e futuro, delle proprie relazioni e dei propri destini.
Una serie di ricerca hanno dimostrato che questo sistema è utilizzato da almeno 4000 anni, dal momento che i trattati Naadi sono stati scritti (su rotoli di foglie di palma) in sanscrito, la lingua predominante dell’antica India.
La trasmissione originale avveniva per via orale.
I Shastra, si ritiene, che siano stati i primi ad essere composti molto tempo fa dai Sapta Rishi (sette saggi) – Agasthya, Kausika, Vyasa, Bohar, Bhrigu, Vasishtha e Valmiki.
Il centro principale nel quale si svolge ancora oggi la lettura dei Naadi Shastra è nel Vaitheeswarankoil, nei pressi di Chidambaram nel Tamil Nadu, uno stato nel sud dell’India.
Qui Lord Shiva, si narra, che ha assunto il ruolo di un vaidhya (un medico), dedito a cercare di alleviare le sofferenze dei propri devoti.
Fino al 1930, i Naadi sono rimasti non più che un antico retaggio: erano poco utilizzati quando, non, addirittura, incomprensibili da parte della maggioranza degli astrologi indù.
La conservazione delle foglie di palma Naadi la e la traduzione dal sanscrito in una forma antica della lingua Tamil è stata effettuata, su larga scala, circa 1000 anni fa, durante il regime dei re di Tanjore (dal 9 al 13 secolo dC).
Quando, poi, con il passare del tempo e l’usura, le foglie hanno iniziato a rompersi, i governanti Tanjore hanno incaricato una serie di studiosi di trascrivere il tutto su fresche ola (foglie di palma). Alcuni dei grantha Naadi sono stati anche tradotti in un’altra lingua indiana del Sud, Telugu.
Ogni Naadi è costituito da una ola particolare o una foglia di palma, scritta in ezathu vatta, lingua tamil, tramite uno strumento simile ad un chiodo chiamato ezuthani.
Le foglie di palma sono preservate venendo sfregate con olio di pavone, quando vengono utilizzate per i vaticini. Vengono conservate, specialmente, nella biblioteca Mahal Saravasti di Tanjore, nel sud dello stato indiano del Tamil Nadu.
Le previsioni dei Naadi sono, in generale, espresse in forma di commenti, anche se nei Shiva Naadi sono presenti come conversazioni tra il Dio Shiva e Parvati Mata, che esprimono la loro preoccupazione e le benedizioni su di loro devoti.
I contenuti delle vari foglie cono una serie di manoscritti altamente organizzati divisi in sedici capitoli o kandams. Le Kandams descrivono i vari aspetti della vita materiale e spirituale del destino di un individuo come la famiglia, il matrimonio, professione, ricchezza…
L’ASTROLOGIA
Il termine Naadi si riferisce ad un arco molto piccolo dello zodiaco, di dimensioni che vanno da 1/150 ad 1/600 di un segno (da 12 a 3 minuti). Ci sono molti antichi testi astrologici Naadi alcuni dei quali si occupano solo delle implicazioni astrologiche ed altri che combinando le caratteristiche della chiromanzia e dell’astrologia.
Del primo tipo sono testi come Bhrigu Naadi, Dhruva Naadi, ecc, mentre gli scritti in lingua tamil come Saptarishi Naadi appartengono al secondo gruppo.
Nella cultura Naadi, le persone che hanno come ascendente un determinato segmento di arco temporale, pare che siano soggetti a seguire modelli di vita predefiniti espressi in termini di transiti planetari. Sulla base di un simile schema interpretativo viene letto il vasto corpus di manoscritti registrati sulle foglie di palma.
IL PERCORSO DI LETTURA
Il percorso di lettura del destino inizia fissando un appuntamento, con circa due settimane di anticipo, perché, oggi, i lettori Naadi sono molto occupati. Il giorno stabilito, prima che la cerimonia inizi, ai partecipanti viene domandato di registrarsi depositando, su piccoli fogli di carta, l’impronta digitale del proprio pollice (il destro per gli uomini ed il sinistro per le donne) ed un nome, non necessariamente il proprio vero.
Le impronte digitali sono state suddivise in 108 categorie, per potere procedere alla particolare lettura Naadi.
Quindi, il primo passo è di stabilire a quale delle suddette categorie corrisponde l’impronta digitale del pollice. Una volta rintracciato il gruppo di appartenenza, il lettore Naadi inizia la ricerca tra le foglie di palma.
L’operazione di indagine è molto lunga e può durare anche l’intera giornata. Invero il processo di individuazione è scandito da due diverse fasi: nella prima il lettore Naadi, tramite l’impronta digitale, identifica un certo numero di foglie che le corrispondono e tra le quali ci potrebbe essere la specifica del soggetto in questione, nella seconda, con l’aiuto del soggetto stesso, al quale il lettore pone una serie di domande, viene trovata la sua foglia personale.
Quindi, appena il lettore seleziona le potenziali foglie del destino, chiede al soggetto che lo ha interpellato di accomodarsi in una stanza, per dare inizio alla seconda fase di scrematura.
Chi ha compiuto l’esperienza ammette che “Anche se avevo sentito da molti raccontare tutto il processo di lettura Naadi, a passarci di persona, è stata un’esperienza del tutto diversa, in un certo senso anche un po’ terribile ed umiliante per cominciare. Qui c’era un ragazzo sorridente a distanza, che poteva leggere tutto su di me – il mio passato, il mio futuro, non solo in questa incarnazione, ma anche nelle incarnazioni precedenti e successive. Nella stanza il lettore aveva tre pile di foglie di palma, ognuna con circa 30 foglie inserite tra due sottili lastre di legno di rosa e tutte legate insieme con una cordicella sporca che dava l’idea del frequente uso che ne veniva fatto”
Prima di incominciare, a chi lo interpella, il lettore chiede di rispondere ad una serie di quesiti ai quali si deve, semplicemente, rispondere con un ‘sì’ o un ‘no’, per non fornire ulteriori informazioni e dettagli.
Il lettore apre il primo gruppo di foglie ed inizia a leggere, ad alta voce, i contenuti in lingua tamil. Ogni volta che il lettore identifica qualche informazione che potrebbe essere abbastanza importante per formulare una domanda, interrompe la lettura e comunica all’interpretare che lo accompagna il quesito.
Se la risposta è affermativa, prosegue nella consultazione della foglia ponendo altre domande, finchè non arriva una risposta affermativa, al che cambia il gruppo di foglie.
Per avere un’idea del tipo di domande, proviamo a vedere insieme, uno stralcio dell’esercizio compiuto da Ram, un testimone diretto:
Lettore Naadi: sei il primo figlio nato dai tuoi genitori?
Ram : No (il lettore accantona la foglia e prende la successiva)
Lettore Naadi: Hai due fratelli?
RAM: No (passa alla foglia dopo)
Lettore Naadi: I tuoi genitori sono vivi?
Ram: Sì.
Lettore Naadi: sei l’ultimo dei figli nati dai tuoi genitori?
Ram: Sì.
Lettore Naadi: Sei di fede musulmana?
RAM: No (cambia foglia)
Il processo continua così finché, il lettore non riceve una serie di risposte affermative di chi lo interpella.
Allora annuncia che, con molta probabilità, la foglia nelle sue mani, dovrebbe essere quella giusta, ma, per saperlo, deve passare ai dettagli dei nomi che, vanno, confermati. (Sino a tale momento, non viene menzionato nessun nome dei parenti del soggetto in questione).
Lettore Naadi: il nome di tuo padre e il tuo nome sono composti ciascuno di due parti, e la prima parte in entrambi avrebbero cominciato con ‘Ra’?
Ram: Sì (il nome del Padre è Ramachandran, mentre il suo è Ramakrishnan)
Lettore Naadi:La seconda parte del nome di tuo padre è collegata alla Luna (Chandra in lingua sanscrita, che è considerato il progenitore di tutte le lingue indiane, si riferisce alla Luna)
Ram: Sì
Lettore Naadi: La seconda parte del tuo nome rimanda, invece, al nome del mangiatore Burro? (chi ha familiarità con la filosofia indiana può ricordare la storia di Krishna ed il suo amore per il burro in giovane età).
Ram: Sì.
Lettore Naadi: Il nome di tua madre è quello della divinità del tempio nella città di Madurai? (La divinità che presiede al tempio nella città di Madurai è Meenakshi, e la madre del soggetto ha il suo nome).
Ram: Sì.
Lettore Naadi: Il nome del tuo moglie è Uma.
Ram: Sì.
Il commento del testimone è entusiasta:
“È stato semplicemente fantastico. C’era una foglia di palma scritta più di mille anni fa che menzionava il nome di mia moglie direttamente e non con giochi di parole come per i miei genitori!”
Lettore Naadi: Tu dovresti avere tre figli ma il primo è morto. Il maggiore dei sopravvissuti è una ragazza, poi c’è un ragazzo.
Ram: Sì.
Lettore Naadi: Sei nato nel 1955 nel mese di ‘Aadi’? (14 luglio al 14 agosto)
Ram: Sì.
Lettore Naadi: Sei nato alle 5 di notte?
Ram: Sì. (l’Astrologia indiana calcola il giorno dall’alba all’alba.)
A questo punto il lettore descrive in modo generico le posizioni planetarie e siderali al momento della nascita del soggetto e conclude così l’analisi della sezione generale della foglia Naadi. Chi vuole può poi passare alle altre 13 sezioni – una corrispondente a ciascuna delle 12 case oltre as una per la precedente incarnazione
Un aspetto curioso della lettura delle foglie Naadi è che sembrano descrivere come presente l’attuale situazione di chi le interpella, quasi che millenni fa, lo scrittore avesse saputo con precisione, non solo che quella determinata persona sarebbe giunta a farsi leggere il proprio destino, ma anche, quando, di preciso.
Perciò, conclude Ram
“Questo vorrebbe dire che abbiamo avuto un incontro con il nostro destino per appuntamento, e non perché l’abbiamo cercato! …è forse un po’ difficile da digerire l’idea che i nomi che io e mia moglie abbiamo scelto, dopo molte discussioni e polemiche, per i nostri figli sono stati quelli, che, in ogni caso, avrebbero dovuto essere e che, questo, comunque, era stato deciso prima ancora che noi, i nostri genitori ed i loro genitori fossero nati?!”
Indipendentemente dal fatto che ci crediamo o meno alla possibilità che qualcuno abbia scritto millenni fa il nostro destino, è interessante notare come il desiderio di rifiutare la credenza, diffusa in epoca Postmoderna, che tutto, dal mondo alla vita dell’uomo, sia affidato esclusivamente al caso, ad una serie fortuita di coincidenze, ha sempre meno credibilità nella società di oggi.
Il numero di persone che ricerca un senso, il Senso del proprio esistere, convinta di avere una missione da compiere su questa Terra, di essere frutto di un disegno divino (per alcuni che non lede il libero arbitrio, per altri che assume la forma di uno stretto determinismo) cresce in continuazione.
La ricerca di senso è proprio una delle cifre che contraddistinguono l’era in stato nascente, un’epoca nella quale l’uomo, come da sempre, dà due diverse risposte. Da un lato, si sente, fino in fondo, responsabile di se stesso, del proprio futuro, artefice del proprio destino. Si tratta dell’atteggiamento tipico della nuova generazione dell’UniCum. Dall’altro, si convince di non avere scelta, di essere inserito in un meccanismo, a-priori, dal quale non può sfuggire.
Le due alternative descrivono due modi diversi di affrontare la vita: uno più attivo, pro-attivo, co-creattivo, l’altro più passivo, più deterministico
In entrambi i casi, però, consta il fatto che l’era dell’uomo ad una dimensione, in balia del caso, del nonsenso, pare abbia, ormai, segnato il passo.
INTO A GREY SKY MORNING
FU: Borchia borchia delle mie brame, chi è la più borchiata del reame?
PIETA'!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
* tutto bene?
FU: No, mi è spuntata una borchia nel cervello. Poco male, va di modo no?
* mmmmmmmmmmmmmm.......e come te ne sei accorta????
FU: Mi luccicavano troppo i pensieri e mi pungevano le idee e allora ho detto essèèèèèèèè!! labbborchia!!
TO BE CONTINUED
C.: Si mi piace,ma tu hai capito cosa realmente vuoi? Io no.
P.: io si, so che dopo un tot di tempo ho la scadenza, copme il latte fresco...e devo cambiare aria!! è una realtà con cui devo imparare a convivere se non voglio uscire pazz!
C.: aahaahahah bo forse anch'io e non lo so
P.: non ti crucciare...non dobbiamo sempre sapere tutto di noi stessi, dei terremoti che ci sconvolgono la pancia...delle notti irrequiete...se accettiamo l'idea che a volte è bene che facciamo gli equilibristi...finchè non succede qualcosa di nuovo o finchè semplicemente passa, beh...forse non ce la vivremmo così male...
purtroppo la nostra è una generazione di combattenti sconfitti e abbattuti che ogni volta devono avere le palle di rialzarsi...e continuare a serrare i denti...
e non tutti ce la fanno...tu non sei fra i perdenti però! ricordatelo!!
TO BE CONTINUED
PIETA'!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
* tutto bene?
FU: No, mi è spuntata una borchia nel cervello. Poco male, va di modo no?
* mmmmmmmmmmmmmm.......e come te ne sei accorta????
FU: Mi luccicavano troppo i pensieri e mi pungevano le idee e allora ho detto essèèèèèèèè!! labbborchia!!
TO BE CONTINUED
C.: Si mi piace,ma tu hai capito cosa realmente vuoi? Io no.
P.: io si, so che dopo un tot di tempo ho la scadenza, copme il latte fresco...e devo cambiare aria!! è una realtà con cui devo imparare a convivere se non voglio uscire pazz!
C.: aahaahahah bo forse anch'io e non lo so
P.: non ti crucciare...non dobbiamo sempre sapere tutto di noi stessi, dei terremoti che ci sconvolgono la pancia...delle notti irrequiete...se accettiamo l'idea che a volte è bene che facciamo gli equilibristi...finchè non succede qualcosa di nuovo o finchè semplicemente passa, beh...forse non ce la vivremmo così male...
purtroppo la nostra è una generazione di combattenti sconfitti e abbattuti che ogni volta devono avere le palle di rialzarsi...e continuare a serrare i denti...
e non tutti ce la fanno...tu non sei fra i perdenti però! ricordatelo!!
TO BE CONTINUED
martedì 31 gennaio 2012
3) Ah! Era ora. Non succedeva da anni. Mentre tutto sembrava essere andato più a fondo della deriva più derivata e derivante c'è il lampo. Non ci credevo più, il serpente continuava a mordersi la coda che ormai non era più coda ma quasi testa!La testa accanto alla coda come la croce che affianca la testa sulle antiche monete. Ci riprovo, ritorna il richiamo, la voce è silenziosa eppure fa un casino bestiale come di mille posate che s'infrangono contro il parquet.
* Dove diavolo vai? La devi smettere di correre e pecorrere in tondo come Paperon De Paperoni (senza la sua pecunia)quel metro quadrato stondato dai tuoi piedi dolenti! Esci da questo tunnel disgraziato e rientra in quella meravigliosa terra che ti aspetta sempre e non ti tradisce mai!E' lei che ogni volta ti chiama e ti salva e ti ricorda il motivo per il quale sei nata.*
Gli occhi sono spalancati, come quand'ero bambina anche oggi il cielo mi meraviglia e m'incanta. Non voglio le vostre catene e i vostri paradisi, paradisi che chiamate denaro, lo stesso che v'incatena i denti...mentre io la vita la voglio mordere sempre sempre!!
TO BE CONTINUED
2) Ma, mi sembra strano, ogni volta che lo guardo...e sta sempre lì, non si muove, niente da fare, solo pochi, pochissimi minutini per volta. La verità è che proprio non scorre, e più dico "ecco. ora mi giro ed è passata un'ora" col cavolo! ancora inchiodata. Poi fuori c'è ancora luce, io esco che è buio pesto. Sacrilegio maledetto sprecare le mie ore di luce a braccetto con la luce artificiale...e le mie ore di meravigliosa notte che mi fa danzare mille idee in testa...in un tutt'uno con divano+copertina+miciomao+libro...finchè sonno non sopraggiunga no!!!!!! Incubo. Sarà l'inverno? Mmhh, ma non sarà l'inferno piuttosto e anzichenò per dirla con il fascinoso Dott. G. Wells amico di Dylan Dog. A proposito è ora, esco a comprare l'albo di questo mese...ma in che mese siamo? E in che anno?
TO BE CONTINUED
1)
Scazzata, raggomitolata nelle mie paranoie-pre:lunedi-si-ricomincia-ma-che-palle mi racconto una possibilità e alla fine mi dico: perchè no!! Il coraggio di azzardare, bene, l'arte l'ho imparata ora preferirei metterla da parte, spiaccicarla contro una parete dalla superficie irregolare quest'arte del lavoro d'ufficio...eh si, eccome se è un'arte!! L'arte del culo quadrato sulla sedia che sopporta le mille posture del disagio e dell'irrequietezza, l'arte del quanto-cacchio-manca alla pausa pranzo che non fa gola di per sè...ma in quanto annuncio del termine di almeno metà tortura/giornata lavorativa.
Ahi! Il collo...sento gli sguardi spillati degli occhi accusatori dei "vergogna! tu! che un lavoro almeno ce l'hai! Ecco, al centro del palco, accanto alla gogna, e giustizia sia! Voglio vedere la mia testa rotolare e voglio vedere il boia! Voglio chiedergli "scusi, ma lei è soddisfatto della sua occupazione?". Oppure al rogo, perchè no, a qust'età poi...fare una scelta del genere...che vergogna...
E rogo sia! INTERMISSION: FINITA LA PAUSA SCRITTURA.
TO BE CONTINUED...
* Dove diavolo vai? La devi smettere di correre e pecorrere in tondo come Paperon De Paperoni (senza la sua pecunia)quel metro quadrato stondato dai tuoi piedi dolenti! Esci da questo tunnel disgraziato e rientra in quella meravigliosa terra che ti aspetta sempre e non ti tradisce mai!E' lei che ogni volta ti chiama e ti salva e ti ricorda il motivo per il quale sei nata.*
Gli occhi sono spalancati, come quand'ero bambina anche oggi il cielo mi meraviglia e m'incanta. Non voglio le vostre catene e i vostri paradisi, paradisi che chiamate denaro, lo stesso che v'incatena i denti...mentre io la vita la voglio mordere sempre sempre!!
TO BE CONTINUED
2) Ma, mi sembra strano, ogni volta che lo guardo...e sta sempre lì, non si muove, niente da fare, solo pochi, pochissimi minutini per volta. La verità è che proprio non scorre, e più dico "ecco. ora mi giro ed è passata un'ora" col cavolo! ancora inchiodata. Poi fuori c'è ancora luce, io esco che è buio pesto. Sacrilegio maledetto sprecare le mie ore di luce a braccetto con la luce artificiale...e le mie ore di meravigliosa notte che mi fa danzare mille idee in testa...in un tutt'uno con divano+copertina+miciomao+libro...finchè sonno non sopraggiunga no!!!!!! Incubo. Sarà l'inverno? Mmhh, ma non sarà l'inferno piuttosto e anzichenò per dirla con il fascinoso Dott. G. Wells amico di Dylan Dog. A proposito è ora, esco a comprare l'albo di questo mese...ma in che mese siamo? E in che anno?
TO BE CONTINUED
1)
Scazzata, raggomitolata nelle mie paranoie-pre:lunedi-si-ricomincia-ma-che-palle mi racconto una possibilità e alla fine mi dico: perchè no!! Il coraggio di azzardare, bene, l'arte l'ho imparata ora preferirei metterla da parte, spiaccicarla contro una parete dalla superficie irregolare quest'arte del lavoro d'ufficio...eh si, eccome se è un'arte!! L'arte del culo quadrato sulla sedia che sopporta le mille posture del disagio e dell'irrequietezza, l'arte del quanto-cacchio-manca alla pausa pranzo che non fa gola di per sè...ma in quanto annuncio del termine di almeno metà tortura/giornata lavorativa.
Ahi! Il collo...sento gli sguardi spillati degli occhi accusatori dei "vergogna! tu! che un lavoro almeno ce l'hai! Ecco, al centro del palco, accanto alla gogna, e giustizia sia! Voglio vedere la mia testa rotolare e voglio vedere il boia! Voglio chiedergli "scusi, ma lei è soddisfatto della sua occupazione?". Oppure al rogo, perchè no, a qust'età poi...fare una scelta del genere...che vergogna...
E rogo sia! INTERMISSION: FINITA LA PAUSA SCRITTURA.
TO BE CONTINUED...
venerdì 20 gennaio 2012
CONVERSAZIONI PRIVATE

L.: "Ma prima che tutto ciò accada diro'...vedimi"
S.: "...e mi immobilizzerò.... guardando dove tu sarai, e il resto scorrerà veloce, noi lenti, col rumore della pellicola"
L.: "volevo dirtelo da tempo
torniamo indietro
all'alba dei nostri sensi
ascoltiamo con gli orecchi ogni cadenzato respiro
lasciamo che le nostre rughe digitali si increspino
come midolla d'albero
guardiamo le meraviglie del cielo
e portiamole sulla terra
e tu che hai forza nella penna
taglia quel bianco agghiacciante del foglio
con le tue parole libere
spacca quei quadretti
quelle righe
voglio rivedere i tuoi ghirigori"
S.: " Affanno"
L.:"che vale più di un motore di un auto.
Non dimenticare il nostro albero, ti servirà a ricostruire il tuo risveglio"
S.: "Promesso"
L.: "lasciati cadere, ritroverai RADICI e quando, ancora una volta, risalirai le foglie....sarò giù ad aspettarti"
TO BE CONTINUED
giovedì 19 gennaio 2012
KOLYMA

Isola unica e terribile è la Kolyma, nell'Arcipelago Gulag staliniano: questo nome non ricorda solo il fiume che per più di duemila chilometri scorre nell'estremo Nord‑est siberiano, tra il Mare d'Ochotsk e quello della Siberia orientale: indica l'ultimo cerchio dell'inferno concentrazionario. Qui le grandi «fiumane» del Terrore staliniano portano milioni di deportati; sono loro a costruire città, villaggi, strade, porti, a disboscare la taiga; la manodopera schiavistica che crea dal nulla la più grande regione aurifero‑mineraria dell'intera URSS, tra gli anni Trenta e Quaranta, è falcidiata da norme di lavoro centinaia di volte superiori a quelle che un secolo fa Dostoevskij aveva osservato nella katorga zarista; dal gelo intollerabile (si lavora fino a quando il termometro non supera i 50 gradi sotto zero); dalle angherie di guardie e capò, dalla denutrizione, dalle fucilazioni in massa nelle tenebre polari al lume di torce di benzina e al suono di bande musicali di detenuti. Là alla fine degli anni Trenta gli uomini «morivano come le mosche». «Crematorio bianco», «Auschwitz di ghiaccio», la Kolyma è un mondo a parte; dice una canzone di lager: «Kolyma, Kolyma, lontano pianeta, dodici mesi inverno, il resto estate ». Per la storia, la Kolyma è la regione dell'oro (sono 70 le miniere e più di un milione gli schiavi nel 1941) e dell'orrore. Eppure, il suo nome non ha la terribile forza evocativa di altri luoghi emblematici del xx secolo: Auschwitz, Dachau, Hiroshima. «Il passato che non vuole passare» della Germania lascia nell'ombra il simbolo dei comunismo: il Gulag.
Nella Kolyma, secondo le cifre di Robert Conquest, specialista occidentale dell'età del Terrore, dagli anni Trenta ai primi Cinquanta muoiono circa tre milioni di deportati.
MAMMA ARANCIA

L’odore di arance spremute nella cucina di mia madre nei lunghi pomeriggi trascorsi a studiare, sognare qualunque cosa purchè non fosse ancora mia. Il cuore spremuto come quelle arance, il suo, per me, per i figli, per suo marito, per l’essere una donna cui non si può rimproverare nulla. Coricarsi col pensiero del giorno dopo, mia madre, l’arancia succosa nella cucina di casa mia, tonda e sorridente, perfetta nella sua geometria.
Mi avvicino silenziosa al tuo letto cercando di non svegliarti, ora sembri tu la bambina, rannicchiata nella stanchezza di una lunga giornata. Sobbalzi e mi confondi con mio fratello, forse ho tagliato i capelli troppo corti… ridiamo io e te, complici come gli acini di uno stesso grappolo, figlie degli stessi ulivi secolari, serve devote di questo sud odiato e amato. Mi dicevi di andar via, di cercare la mia strada in una città lontana dal paese, vedevi nei miei occhi troppa irrequietezza ma dopo tutti questi anni capisco quanto possa essere buffa la vita. Lontano da te, lontano dalla nostra terra, cerco di ricreare ogni cosa, per paura che a non vedervi, il ricordo possa affievolirsi.
Resto ad ammirarti ora, mentre colori le tue guance, il rossetto preferito sulle labbra sottili e le smorfie per stenderlo bene, il profumo sui polsi e d’improvviso il tuo sguardo m’interroga.
“Come sto? Sono invecchiata, vero?”
Pietre nella mia bocca, sale che scende in gola, mi fa male il cuore e l’unica cosa che riesco a fare è abbracciarti forte fino a farti spazientire, baci e baci sulle guance morbide e profumate: oggi, difronte a questo specchio io e te, non c’è religione che tenga perché sei più bella di una madonna e mi si squarcia l’anima al solo pensiero che tu possa essere triste nel veder trascorrere gli anni sul tuo viso. L’imbarazzo mi trattiene e non dico nulla, penso soltanto a quanto sarei fortunata se un giorno potessi conservare qualcosa di te mentre il mondo perde ogni forma e s’ingarbuglia goffamente alla ricerca di una impossibile felicità.
Mi preparo una spremuta così mi sembrerai meno lontana.
UNA NOTTE

Strampalata sbrindellata sbriciolata.
Voce roca. Le 5 del mattino. Olà gente il tumulto sembra finito. Il solo concerto è il ronzio nelle orecchie colmo di urla, decibel, rum e sigarette. Le luci della notte sono ancora accese ma il sole è quasi pronto a schiaffeggiare il buio e a rubargli l’anima. La pula passa e guarda, io resto e fisso the other side come quando non volevo m’interrogassero al liceo – not my name not my name! –
L’asfalto sembra molle, i piedi sulla testa, la testa la butto nel cassonetto che’ per alcune ore non mi servirà a molto. La verità a quest’ora? La verità ha un suo tempo?
Mani mozzate appese in cielo con fili attaccati alle stelle: la nebbia è il ricordo di ciò che furono e tutto si dissolve tra briciole, avanzi, sproloqui e battutacce da quattro soldi – whatever – qualunque cosa sia dite pure che è colpa mia, queste colpe mature di bocche gonfie e occhi chiusi che si arrendono alla magia. O forse solo tanta, tanta amara, graffiante FOLLIA.
Da te voglio sapere solo...quanto ti dai per i tuoi sogni

"Non mi interessa cosa fai per vivere, Voglio sapere per cosa sospiri, e se rischi tutto per trovare i sogni del tuo cuore.
Non mi interessa quanti anni hai, Voglio sapere se ancora vuoi rischiare di sembrare stupido per amore...
Non voglio sapere che pianeti minacciano la tua luna, Voglio sapere se hai toccato il centro del tuo dolore, se sei rimasto aperto dopo i tradimenti della vita.
Voglio sapere se puoi sederti con il dolore, il mio e il tuo senza scappare e cercare finto sollievo da maschere di cera; se puoi ballare pazzamente e lasciare l'estasi riempirti fino alla punta delle dita senza prevenirci di cautela, di essere realisti, o di ricordarci le limitazioni degli esseri umani....
Non voglio sapere se la storia che mi stai raccontando sia vera, Voglio sapere se sei capace di deludere un altro per essere autentico a te stesso, se puoi subire l'accusa di un tradimento e non tradire la tua anima.
Voglio sapere se sei fedele non solo in amore ma nella vita e a te stesso.. quindi affidabile..
Voglio sapere se sai vedere la bellezza anche quando non è bella tutti i giorni , se sei capace di far sorgere la tua vita con la tua sola presenza.
Voglio sapere se puoi vivere con il fracasso, tuo o mio, e continuare a gridare all'argento di una luna piena: si!
Non mi interessa chi sei, o come hai fatto per arrivare qui, Voglio sapere se sapresti restare in mezzo al fuoco con me, e non retrocedere…
Non voglio sapere cosa hai studiato, o con chi o dove, Voglio sapere cosa ti sostiene dentro quando tutto il resto non l' ha fatto.
Voglio sapere se sai stare da solo con te stesso e non cercare appigli incauti per paura della solitudine, Voglio sapere se sai stare da solo con te stesso e se veramente ti piace la compagnia che hai nei momenti vuoti..
(1890 - variazione-Poesia Indiana Oriah)
CORRISPONDENZE

Quanto tempo è passato? Pochi giorni, pochi mesi in realtà. Penso già alle rondini, sarà diverso senza di te affacciato dentro il nostro vento caldo, curioso dei germogli, avido di bei pomeriggi immerso nel silenzio della controra interrotta dai bambni in strada, dal caffè che scaldo in cucina insieme a qualcosa da mangiare. La tua voce, imponente come un tuono, quante volte l'ho temuta, odiata, amata, quanto è silenzioso ora il mio tempo, ogni ora, ogni stagione, ogni domenica mattina.
Cosa potrei mai desiderare, se non te... manchi...manchi...
MIO PADRE

Non ho posato mai tanto a lungo il mio sguardo dentro il tuo
non ho indugiato nell'osservarti e nel rivedermi figlia delle tue mani
non ho respirato mai abbastanza forte il tuo odore di uomo e terra
non ho accarezzato spesso il tuo viso fino a ricordarne oggi ogni segno.
Quanto orgoglio nel pensarmi tua figlia
quante ore non posso più avere da regalarti
quanto fa male non potermi più perdere nei tuoi sorrisi forti e sicuri
mi manchi e mi riempi ogni giorno di questo vuoto indicibile.
Iscriviti a:
Post (Atom)